«Non voglio fargli questa cattiveria» disse lei.
Linda mi disse l’indomani che voleva sapere quando andavo da Amelio, per venirci anche lei. «Voglio sentire i tuoi discorsi» disse. «Quel che vi dite tra voi uomini.»
Ci andai nell’ora che la madre non c’era, e portai la chitarra. Era rimasto un po’ di vino e lo bevemmo. Posai la chitarra sul letto, e lui la prese e toccava le corde. Stava zitto e ascoltava le corde a testa bassa. “Se sapesse suonare” pensai “potrebbe uscire con le grucce e fare il povero”. E allora mi accorsi che i poveri, tutti quelli che stanno sugli angoli, e sono storpi, sono ciechi, hanno le croste, erano prima giovanotti come Amelio. Chi sa se Linda ci pensava. Mi prese rabbia che venisse in quel mattino.
Quando Amelio mi rese la chitarra, mi misi a suonare con calma, facendo conto di esser solo, e poco alla volta ci presi gusto e non smettevo, e cercavo i passaggi di motivo in motivo. Non so se Amelio mi capisse. Lui era di quelli che gli piace come canta una chitarra, gli piace la mano che gioca, l’abilità non la finezza. Capiva un motivo, non capiva un passaggio. Mi guardava le dita.
Un bel momento alzo la testa e vedo Linda sulla porta, col dito sul labbro, contenta.
Amelio s’era alzato sul gomito.
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